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Nota bene:
tutti trattamenti effettuati a carico delle strutture vulvari, incluso ovviamente la procedura di biopsia di tessuto vulvare, devono essere sempre adeguatamente preceduti da un’adeguata “preparazione” ed infiltrazione con anestetico locale (comunemente conosciuta come “anestesia locale effettuata mediante iniezione”, e non solamente tramite l’applicazione di preparati anestetici locali di superficie). L’anestetico locale più comunemente usato è la “lidocaina” al 2%. L’infiltrazione di anestetico locale viene generalmente effettuata mediante un ago sottile, del calibro di 26 G (Gauge), un ago di quelli “da insulina” per intenderci. Per particolari distretti particolari esigenze possono essere utilizzati anche degli aghi da 29 G od anche da 30 G di calibro, gli stessi che, per intenderci, usa il dentista per effettuare l’anestesia pungendo le gengive.
Il quantitativo di terminazioni nervose che determina la sensibilità di questo distretto corporeo, richiede, infatti, assolutamente, un’adeguata copertura anestetica prima dell’intervento, ed un’adeguata terapia antidolorifica ed antinfiammatoria da osservare dopo la procedura. Il tipo di trattamento, la sua durata e la posologia saranno funzione delle numerose variabili che concorrono a determinare la sintomatologia.
La vera natura “biologica” ossia un corretto giudizio sulla benignità o sulla malignità della natura delle lesioni vulvari e difficili, se non impossibile, da determinare senza aver effettuato un prelievo bioptico correttamente rappresentativo della lesione sospettata od identificata.
Infatti, l’esame “vulvoscopico” effettuato mediante il colposcopio oppure mediante altri speciali sistemi di ingrandimento ottico specifici per uso medicale, e l’ausilio offerto da alcuni reagenti specifici, come l’acido acetico al 5% ed il “blu di toluidina”, ci possono solamente “guidare”, indicandoci il tessuto da sottoporre prelievo, senza però avere il forte potere “pre-diagnostico” od “anticipatorio” che ha l’esame colposcopico quando applicato alla cervice uterina.
La biopsia vulvare rappresenta, per i clinico, sempre un momento molto importante, cruciale, sia in quanto è tanta la difficoltà di identificare la lesione, sia per il fatto che, a livello della vulva, spesso le lesioni sono “multifocali”, ovvero si manifestano contemporaneamente in più sedi differenti, e talora tra essi distanti.
Come conseguenza delle premesse appena esposte, la biopsia vulvare, talora richiede più prelievi di tessuto sospetto, anche includendo parte di tessuto sano, in modo da agevolare il medico anatomo-patologo nel trarre più agevolmente e con maggior sicurezza le proprie conclusioni. Talora, allo scopo di permettere una corretta guarigione delle sedi dalle quali stato asportato tessuto, è necessario ricorrere a qualche punto di sutura.
Oltre a quanto sinora esposto, bisogna anche ricordare che una certa parte della patologia vulvare sospetta per neoplasia, si manifesta a carico del tessuto periclitorideo e della parte superiore delle piccole labbra. Queste sedi in particolar modo, sono caratterizzate da una innervazione particolarmente fitta, ricca, per cui la sensibilità dolorifica è molto elevata; ancor più che non nelle restanti aree della vulva che, già di per sé, sono pur essere riccamente innervata e pertanto molto sensibili. Si aggiunga, ancora, che anche la vascolarizzazione è particolarmente ricca e che, pertanto, l’effettuazione di una buona emostasi richiede parecchio impegno pazienza, sia da parte del medico che da parte della paziente (tutto, comunque sempre fattibile e sempre superabile).
Come conseguenza di tutto quanto sopra, a differenza della biopsia di portio, la biopsia di tessuto vulvare, lo ripeto, deve essere sempre adeguatamente “preparata” e preceduta da un’adeguata infiltrazione con anestetico locale (comunemente conosciuta come “anestesia locale effettuata mediante iniezione”, e non solamente tramite l’applicazione di preparati anestetici locali di superficie). L’anestetico locale più comunemente usato è la “lidocaina” al 2%. L’infiltrazione di anestetico locale viene generalmente effettuata mediante un ago sottile, del calibro di 26 G (Gauge), un ago di quelli “da insulina” per intenderci.
Esse sono estremamente rare e limitate, perlopiù ad un sanguinamento più o meno facile da arrestare.
In ogni caso, l’uso della moderna “tecnica elettrochirurgica con pinze bipolari” è quasi sempre in grado di risolvere l’inconveniente, realizzando una corretta emostasi senza arrecare danno ai tessuti. Più raramente si rivela necessaria la posizione di una sutura chirurgica per fermare sanguinamento.
La sutura chirurgica, invece, è più frequentemente riservata per la corretta ricostruzione della superficie del tessuto vulvare, approssimando tra di essi i margini distanti della superficie di tessuto intorno a quello che è stato asportato.