Vulva - il trattamento 
La “Anestesia locale”

Biopsie vulvare

La vera natura “biologica” ossia un corretto giudizio sulla benignità o sulla malignità della natura delle lesioni vulvari e difficili, se non impossibile, da determinare senza aver effettuato un prelievo bioptico correttamente rappresentativo della lesione sospettata od identificata.
Infatti, l’esame “vulvoscopico” effettuato mediante il colposcopio oppure mediante altri speciali sistemi di ingrandimento ottico specifici per uso medicale, e l’ausilio offerto da alcuni reagenti specifici, come l’acido acetico al 5% ed il “blu di toluidina”, ci possono solamente “guidare”, indicandoci il tessuto da sottoporre prelievo, senza però avere il forte potere “pre-diagnostico” od “anticipatorio” che ha l’esame colposcopico quando applicato alla cervice uterina.
La biopsia vulvare rappresenta, per i clinico, sempre un momento molto importante, cruciale, sia in quanto è tanta la difficoltà di identificare la lesione, sia per il fatto che, a livello della vulva, spesso le lesioni sono “multifocali”, ovvero si manifestano contemporaneamente in più sedi differenti, e talora tra essi distanti.
Come conseguenza delle premesse appena esposte, la biopsia vulvare, talora richiede più prelievi di tessuto sospetto, anche includendo parte di tessuto sano, in modo da agevolare il medico anatomo-patologo nel trarre più agevolmente e con maggior sicurezza le proprie conclusioni. Talora, allo scopo di permettere una corretta guarigione delle sedi dalle quali stato asportato tessuto, è necessario ricorrere a qualche punto di sutura.
Oltre a quanto sinora esposto, bisogna anche ricordare che una certa parte della patologia vulvare sospetta per neoplasia, si manifesta a carico del tessuto periclitorideo e della parte superiore delle piccole labbra. Queste sedi in particolar modo, sono caratterizzate da una innervazione particolarmente fitta, ricca, per cui la sensibilità dolorifica è molto elevata; ancor più che non nelle restanti aree della vulva che, già di per sé, sono pur essere riccamente innervata e pertanto molto sensibili. Si aggiunga, ancora, che anche la vascolarizzazione è particolarmente ricca e che, pertanto, l’effettuazione di una buona emostasi richiede parecchio impegno pazienza, sia da parte del medico che da parte della paziente (tutto, comunque sempre fattibile e sempre superabile).
Come conseguenza di tutto quanto sopra, a differenza della biopsia di portio, la biopsia di tessuto vulvare, lo ripeto, deve essere sempre adeguatamente “preparata” e preceduta da un’adeguata infiltrazione con anestetico locale (comunemente conosciuta come “anestesia locale effettuata mediante iniezione”, e non solamente tramite l’applicazione di preparati anestetici locali di superficie). L’anestetico locale più comunemente usato è la “lidocaina” al 2%. L’infiltrazione di anestetico locale viene generalmente effettuata mediante un ago sottile, del calibro di 26 G (Gauge), un ago di quelli “da insulina” per intenderci. 

Complicanze:

Esse sono estremamente rare e limitate, perlopiù ad un sanguinamento più o meno facile da arrestare.

In ogni caso, l’uso della moderna “tecnica elettrochirurgica con pinze bipolari” è quasi sempre in grado di risolvere l’inconveniente, realizzando una corretta emostasi senza arrecare danno ai tessuti. Più raramente si rivela necessaria la posizione di una sutura chirurgica per fermare sanguinamento.

La sutura chirurgica, invece, è più frequentemente riservata per la corretta ricostruzione della superficie del tessuto vulvare, approssimando tra di essi i margini distanti della superficie di tessuto intorno a quello che è stato asportato.

  • Altri tipi di lesioni e problematiche che possono venire trattate mediante la tecnica elettrochirurgica monopolare, bipolare e chirurgica convenzionale tramite bisturi e fili di sutura, sono rappresentate dalle:
  • lesioni superficiali dell’uretra, come caruncole uretrale o polipi uretrali;
  • coalescenza delle piccole labbra: nella “coalescenza” vera, tipica delle bambine, dopo un pretrattamento estrogenica locale, si può effettuare la lisi (separazione delle piccole labbra) in anestesia locale oppure, spesso più indicata, durante una procedura di sedazione, prassi che consente alla bambina, od alla paziente in generale, di non conservare alcuna memoria traumatica dell’evento occorso. Più raramente si rende necessaria la separazione della linea mediana fusa delle piccole labbra mediante elettrobisturi monopolare dotato di una punta speciale del calibro di pochi centesimi di millimetro.
  • lesioni traumatiche vulvare: stante la complessità delle lesioni traumatiche e delle numerose cause che possono averle create, dagli incidenti stradali, le caduta dalla bicicletta, le cadute accidentali al suolo, come anche a seguito di rapporti sessuali od anche di violenze sessuali, fondamentale diventa il tema dell’anamnesi. Poi, a seconda della complessità della lesione, la terapia potrà richiedere una grande varietà di “forze professionali” da far partecipare, per una corretta terapia. Dal ricovero ospedaliero con terapie chirurgiche in anestesia generale, con il coinvolgimento di numerosi specialisti, alla più semplice terapia chirurgica, in anestesia locale oppure in corso di sedazione, da effettuarsi in ambulatorio oppure in un “ambulatorio chirurgico” dedicato.
  • cisti ed ascesso della ghiandola del Bartolini.
    La causa dell’infiammazione della ghiandola del Bartolini è quasi sempre dovuta ad una concorrenza di infezione batterica insieme ad un restringimento dell’orifizio attraverso il quale normalmente esce la secrezione di tali ghiandola. All’esordio la donna avverte gonfiore localizzato e dolore via via rapidamente ingravescente, fino a vedere compromessa la propria capacità di stare seduta e di camminare normalmente. L’evoluzione di questo processo infiammatorio può portare sia all’ascesso, con sintomatologia anche febbrile, dolore e senso di spossatezza, oppure può proseguire con una remissione temporanea e concitazione dell’infiammazione, fino a portare a sclerosi ed indurimento della ghiandola, che può permanere più o meno dolente nello spessore del grande labbro.
    La cisti è sintomatica non richiede nessuna terapia.
    La cisti infetta ed ascessualizzata, la cui diagnosi è clinica, ma l’“accertamento” vero e proprio è di pertinenza ecografica, con la dimostrazione dei caratteristico quadro ecografico e vascolare; essa va affrontata con un’immediata antibioticoterapia, prima di procedere all’incisione chirurgica della cisti, seguita dal suo svuotamento (drenaggio) ed alla creazione, mediante specifici punti di sutura, di un nuovo sbocco delle secrezioni ghiandolari verso l’esterno (marsupializzazione).
    Tali procedure possono serenamente svolgersi in anestesia locale, eventualmente coadiuvata da una blanda sedazione, con il normale strumentario ed assistenza che caratterizzano un “ambulatorio chirurgico” ben organizzato.
    Quando, invece, si tratta di dover effettuare la asportazione vere e proprie della cisti, risalendo fino al suo peduncolo vascolare, tenendo in considerazione le possibili complicanze emorragiche che possono verificarsi a distanza, fino a complicarsi con la formazione di un vero e proprio “ematoma”, sarà bene valutare caso per caso quando ricorrere, per maggior prudenza, ad un trattamento in sede ospedaliera. Quest’ultima scelta sarà pressoché obbligatoria se la paziente verrà riconosciuta essere portatrice di altri importanti fattori di rischio che possono anche condizionare una importante difficoltà di terapia di un’eventuale complicanza.
  • Cisti mucosa.
    Le formazioni cisti che si riscontrano livello della vulva sono di origine, prevalentemente, ma l’formativa o, per dirlo con un termine più appropriato, “disontogenetica”, ovvero da difetto di migrazione o da anomala permanenza delle strutture embrionali dalle quali l’apparato genitale prende origine. Può essere pure presente, se a carico del grande labbro ed in direzione dell’area inguinale, la cosiddetta “cisti del canale di Nuck” od “idrocele”.
    Fare una precisa diagnosi differenziale non ha un significato pratico. Si tratta praticamente sempre di cisti sintomatiche che ha senso trattare solamente quando esse causano problemi di tipo estetico, venendo, dunque, a rappresentare un “dismorfismo” dell’area genitale, oppure quando creano altri tipi di “problemi” che emergono durante l’attività sessuale.
    La terapia più corretta è rappresentata dall’asportazione della cisti, che può venire sia impiegando il bisturi a “lama fredda” che utilizzando l’elettrodo “ad ago” mediante elettrobisturi a radiofrequenza.
    L’eventuale eccesso dei tegumenti che ricopriva la cisti che è stata asportata può venir ridotto chirurgicamente.
    Questa può anche rappresentare un’ottima occasione per effettuare un intervento anche più ampio di “vulvoplastica” correttiva (labioplastica).
  • Emangioma, angiocheratoma, lipoma, fibroma, endometriosi della vulva e noduli endometriosici della portio, della vagina e dei fornici vaginali.
    Tutte queste formazioni che non richiedono di per sé una terapia specifica, se non quando causano sanguinamenti o quando disturbano l’aspetto dei genitali, nel senso che creano una alterata autopercezione, vedono la propria corretta terapia nella distruzione della lesione o nella sua scissione, qualora sia indicato fornire un campione di tessuto per un esame istologico, realizzata, in ogni caso, tramite tecniche miste che vedono alternarsi l’uso del bisturi “lama fredda” e l’uso del “elettrobisturi a radiofrequenza”.
    Tali trattamenti avvengono sempre in sede ambulatoriale e previa infiltrazione dei tessuti con anestetico locale.